Angela Davis, ritratto

Due chiacchiere con ★ Mariapaola Pesce e Mel Zohar

Quando una persona, un uomo o una donna, fa della sua vita un esempio meraviglioso da conoscere, da seguire, da diventare ispirazione, la cosa migliore che si può fare è cercare di conoscerla davvero. E raccontare una persona così dev’essere una grande sfida per un’autrice, qualunque sia il ramo della sua arte. Quali passi sono stati fatti? Dove nasce un’idea da seguire per raccontarlo? La libraia Marina Checchi ha intervistato, con grande emozione, le autrici di uno splendido fumetto su Angela Davis. Vi invitiamo quindi a leggere la doppia intervista a Mariapaola Pesce e a Mel Zohar, rispettivamente scrittrice ed illustratrice. ⇢ Link allo shop ANGELA DAVIS

Mariapaola e Mel, ho sentito in un’altra intervista che non vi conoscevate prima di questo lavoro insieme, vi chiedo quindi, com’è stato lavorare, conoscervi con un progetto già in essere? Vi è capitato in passato di lavorare con persone non perfettamente affini a voi?

  • Mariapaola P. Per me è stato immediatamente facile lavorare con Mel: il suo tratto mi è piaciuto subito, e da persona entusiasta quale sono l’ho dichiarato fin dall’inizio. Ho sposato subito l’estrema sintesi con cui l’ha rappresentata, perché secondo me concentrava l’attenzione sulla persona di cui stavamo parlando, era un modo generoso e pulito di parlare di Angela… Tra l’altro ha fatto una ricerca di references pazzesca e alcune proposte che mi hanno aiutato a scorciare qua e là alcune pagine di troppo. Mel ha letto davvero la sceneggiatura, l’ha studiata e interpretata con personalità e cura del dettaglio!  Finora, per quanto riguarda il mio lavoro nel mondo della scrittura, non mi è mai capitato  di lavorare con persone difficili…sono stata fortunata, io credo, ho incontrato illustratori bravissimi, curiosi, coinvolti fino in fondo nei progetti…
  • Mel Z. Per me è stato abbastanza semplice, la sceneggiatura era già scritta e Mariapaola è sempre stata molto accogliente riguardo eventuali piccole modifiche che mi avrebbero aiutato nel lavoro. La cosa più complicata è stata adattare lo stile alla narrazione e al tempo che avevo a disposizione.

Angela Davis è stato pubblicato dalla casa editrice Becco Giallo, come definireste questa casa editrice e com’è lavorare con loro?

  • Mariapaola P. Con Becco Giallo ho lavorato in totale serenità: abbiamo presentato l’idea del personaggio, ci hanno chiesto di leggere il soggetto e una prova di sceneggiatura, e una volta accettata ci hanno “accoppiate”. Da lì in poi ci hanno lasciate lavorare: io procedevo con la sceneggiatura, Mel leggeva e man mano buttava giù lo storyboard… Pochi feedback e tanta libertà. Una pacchia! Un bellissimo modo di entrare in un mondo che mi faceva un po’ paura!
  • Mel Z. Non posso che rispondere di essermi trovata bene. Un aggettivo che mi viene in mente è coraggiosa: dà voce (e matita) e possibilità ad artisti esordienti raccontando le vite di personaggi storici molto interessanti.

 

Mel, probabilmente ti sto per fare una domanda molto stupida, ma mi incuriosisce il tuo profilo, tu sei una fumettista e una fotografa, questo aspetto, questo duplice aspetto artistico professionale, mi ha fatto pensare ad un’altra autrice che io amo molto, Cinzia Ghigliano, anche lei fumettista e amante attenta della fotografia, cosa lega secondo te il fumetto e la fotografia? C’entra qualcosa la ricerca delle sequenze? L’inquadratura perfetta che racconta sia le parole che quello che le parole non dicono?

  • Mel Z. Non penso sia una domanda stupida. Penso siano arti visive molto vicine tra loro: entrambe prevedono una narrazione e quindi uno studio dell’inquadratura. Ed entrambe hanno un proprio spazio bianco, quello spazio fisico e temporale nel quale la storia prosegue senza essere narrata.

E adesso arriviamo alla storia che ci avete narrato. Chi è Angela Davis? Quale periodo della sua vita ci raccontate in questa graphic novel? Se vi chiedessi di descrivermi Angela Davis con tre parole, sostantivi o aggettivi, quali scegliereste?

  • Mariapaola P. Per come la vedo io Angela Davis è una persona che ha vissuto con passione, ha lottato in prima persona contro pregiudizi e ingiustizie, ha studiato con rigore, ha manifestato per i propri ideali di uguaglianza e dignità, e non li ha mai traditi. Neanche quando avrebbe avuto motivi personali e importanti per farlo. Di pochi altri attualmente mi sento di dire la stessa cosa!  Al centro della storia c’è il periodo del carcere di Angela, quello che trascorre per essere ingiustamente accusata di complicità in un delitto. Ma in realtà raccontiamo tutto quello che c’è prima, il suo approccio alla politica, il suo impegno civile, la sua straordinaria sintesi tra ideologia comunista e lotta per i diritti dei Neri. Angela Davis in tre parole? Io direi libera, appassionata, coerente.
  • Mel Z.Angela Davis è un’attivista politica non violenta, accademica e filosofa. ha combattuto per i diritti civili degli afroamericani portando avanti due battaglie principali: una in quanto essere umano nero, esterna alla propria comunità, contro una società razzista e un’altra in quanto donna nera, sia esterna che interna, contro una società sessista.
    Le prime 3 parole che mi vengono in mente: Combattente, rivoluzionaria, femminista. 

Mariapaola, quando hai conosciuto Angela Davis e la sua storia? Da dove è nata l’urgenza interiore di scrivere di lei? Cosa ti ha spinto, una decisione maturata nel tempo o più un desiderio istantaneo? E quanto hai dovuto studiare, leggere, approfondire per poter scrivere una storia di una donna così intensa e ricca senza poter essere approssimativa e pietistica?

  • Mariapaola P. Angela è finita in carcere negli anni 70, io all’epoca ero una bambina, trovavo buffa e sinistramente affascinante la sua icona afro e di lei sentivo notizie del tutto contrastanti: per alcuni era una terrorista, per altri una femminista aggressiva, per tutti in generale una violenta. Ecco, proprio quello che Angela non è: lei è una combattente, ma non è violenta. Il libro è nato quasi per scherzo, pensando di proporre un’idea assurda e che non avrebbe avuto seguito. E’ stato poi studiando e leggendo su di lei che ho capito di aver fatto una scelta giusta, almeno per me. E che da qualche parte nella mia testa era rimasta la curiosità da anni di saperne di più. Il pietismo con Angela Davis è impossibile: leggere i suoi scritti può far nascere mille sentimenti, dalla rabbia alla compassione, ma mai pietà, perché in lei prevale l’impegno, l’attivismo, mai la rassegnazione.

Mel, da autrice della narrazione visiva, il fumetto nella sua veste non letteraria, quanto hai studiato la storia di Angela Davis? È stato sufficiente seguire il racconto di Mariapaola o hai dovuto fare ricerche importanti sul periodo? I luoghi, gli abiti, gli spazi?

  • Mel Z. Ho sicuramente dovuto approfondire le ricerche per quanto riguarda la rappresentazione dei personaggi che, per quanto il mio non sia uno stile realistico, volevo fossero somiglianti. Ho approfondito la ricerca su alcuni luoghi: le università, le sedi delle cellule, il luogo del famoso Blitz. Ho fatto una ricerca sui costumi, la palette di colori l’ho scelta proprio campionando i colori delle foto degli anni 70, e qualche inquadratura ho scelto di riprenderla il più fedelmente possibile da foto storiche.

Mariapaola, scrivendo la traccia del racconto cosa ti sei imposta di raccontare nel migliore dei modi? Qualcosa che ti ha colpito, oltre la storia enorme che è nel suo complesso, che non potevi tralasciare per nessun motivo?

  • Mariapaola P. Mi sono imposta di lasciar parlare lei, che aveva e ha tutt’ora tanto da dire. Ho letto più volte i suoi scritti, articoli, ascoltato interviste, e man mano ho cominciato a tradurre il suo pensiero in dialoghi, impegnandomi a non interpretare mai. Dopo una fatica iniziale mi sono accorta che era progressivamente più facile, perché entravo sempre di più nella sua mentalità, nel suo pensiero politico, e mi sembravano sempre più naturali e comprensibili le scelte e le posizioni. La cosa che mi ha colpito di più è stata la sua scelta di non intendere mai l’esperienza del carcere come un fatto individuale, ma come un modo per denunciare le condizioni delle detenute, sfruttando la propria notorietà e la rete di amici e collaboratori che si era attivata intorno a lei. Lo trovo un atto di coerenza straordinaria!

Mel, faccio a te la stessa domanda, facendo lo storyboard quale caratteristica, ambiente, tratto o elemento hai ritenuto necessario e imprescindibile per raccontare Angela Davis?

  • Mel Z. Penso che i tratti fondamentali da raccontare fossero nella sceneggiatura. Sicuramente ci sono stati degli elementi che ho ritenuto importanti per raccontare il periodo storico, per esempio il colore.

Mariapaola, Mel, scrivendo e disegnando quest’opera, vi siete sentite vicine ad Angela? Avete avuto occasione di conoscerla?

  • Mariapaola P. L’ho capita, so che ha condotto battaglie che permettono anche a me più opportunità  e ne ho un immenso rispetto! Conoscerla? Magari! Le ho scritto per informarla del mio lavoro, e mi ha risposto il suo staff per dirmi che ne era contenta! Mi ha fatto un immenso piacere!
  • Mel Z. Ho sicuramente avuto occasione di conoscerla meglio come personaggio, ho conosciuto meglio le sue battaglie. Mi ci sono sentita vicina per quanto riguarda le discriminazioni verso la donna, non abbastanza vicina da poter immaginare cosa provasse o quanto potesse essere dura combattere quelle battaglie. Le sono stata vicina potendo solo lontanamente immaginare cosa potrebbe significare vivere in una società che ti odia e ti discrimina per il colore della pelle.

Nel mio percorso di donna e di libraia desidero sempre cercare, conoscere e dare spazio alle storie delle donne, perché la loro narrazione è sempre stata un po’ ridotta, per dirlo in modo leggero. Se penso ad Angela Davis e al suo percorso di determinazione, lotta e coraggio mi vengono in mente altre donne come lei, Rosa Louise Parks, Marielle Franco, ma anche Miriam Makeba per citarne alcune, quanto è importante raccontarle?

  • Mariapaola P. Tanto, tanto è vero che Marielle Franco fa la sua comparsa anche nella nostra graphic su Angela, e io ho scritto anche una graphic su Rosa Parks sempre con Becco Giallo… fanno parte di un unico grande disegno di impegno e lotta per la legittimità di tutti noi.
  • Mel Z. Come hai già detto tu la loro narrazione è sempre “stata un po’ ridotta”, direi spesso assente o dimenticata, quindi credo sia veramente importante raccontare le donne in modo da riscoprire le storia che ci è stata omessa.
    Ad oggi le uniche storie che mi piace raccontare sono storie di donne, e anche quelle che più cerco in libreria.

Perché, secondo voi, la storia delle donne è ancora poco raccontata?

  • Mariapaola P. Secondo me è mal raccontata, non poco raccontata. Personalmente vorrei che si parlasse delle storie e delle persone per quello che fanno, non per chi sono. E oggi mi pare che siamo ancora troppo sulla rivendicazione, sul piagnisteo secondo cui di noi non parlano… Facciamolo perché e quando abbiamo qualcosa di bello e robusto da dire, senza chiedere che si parli di noi perché ce lo meritiamo in maniera vaga e lamentosa. Angela non ha mai pensato “faccio questo così si vede che l’ha fatto una donna”, lo ha fatto e basta. Magari ha rotto qualche stereotipo, ma la grande forza è stata quella di ignorarlo, prima ancora che di sfidarlo.
  • Mel Z. Secondo me è ancora poco raccontata perché viviamo da più di 2000 anni in una società che preferisce esaltare e raccontare l’uomo.

Di recente c’è stata la campagna #datecivoce per chiedere al governo italiano più donne nelle task-force per gestire la crisi attuale e la ricostruzione, nella storia che raccontate nella vostra graphic novel è chiaro che sono stati molteplici i tentativi di spegnere la voce di Angela e non solo da parte dei suoi oppositori, anche dall’interno del movimento, perché la ritenevano troppo leader nel prendere le decisioni, anche se in realtà era lei ad avere ben chiaro il progetto e le strategie per realizzarlo. Ritengo che libri come questo “diano voce” e che quindi sono importantissimi, che ne pensate?

  • Mariapaola P. Confermo quello che ho scritto prima: dare voce ha senso se è per ribadire, ricordare, promuovere pensieri e idee interessanti e forti, non per rivendicare un posto per diritto di nascita. Angela ha avuto oppositori tra i suoi compagni perché ha fatto tante cose, si è trovata in tanti contesti, e quindi si è esposta a possibili antipatie. Io personalmente non vorrei mai essere scelta in qualche contesto perché donna, o per soddisfare esigenze di quote rosa o campagne di pensiero pilotate…
  • Mel Z. Assolutamente. Come per le risposte precedenti, sono convinta che sia importantissimo riscoprire la voce, le storie, e le vite delle donne. È anche la nostra voce. Una voce che ci è stata tolta.

Nel 1971 il Quartetto Cetra ha composto il brano Angela, dedicato ad Angela Davis. Era il periodo in cui Angela era stata incarcerata con l’accusa di aver partecipato (con rifornimento armi) al sequestro del giudice Harold Haley, nella canzone dicono “La sua colpa non è di essere nera, la sua colpa è di essere rossa” secondo voi è stata più l’una o più l’altra la motivazione dell’accanimento contro Angela e i suoi oppure il fatto che è una donna? È un’aggravante essere una donna?

  • Mariapaola P. Era una Nera colta, che insegnava all’Università, ed era comunista. Era pericolosissima! L’aggravante era un mix tra colore, ideologia e totale mancanza di umiltà: essendo una Nera avrebbe dovuto chinare la testa, chiedere scusa, non mostrarsi intellettualmente superiore, politicamente preparata e determinata a sostenere e difendere altri, denunciando disonestà e abusi. Credo che il sesso sia stato marginale.
  • Mel Z. Penso che sia stato spesso un’aggravante essere donna non penso che in quell’occasione sia stata la motivazione principale. Essere sia nera che comunista non l’ha aiutata e in quell’episodio entrambe queste caratteristiche hanno avuto il loro peso ma credo che l’essere nero in una “società di bianchi” porti con sé molte più difficoltà dell’essere comunista, oggi sicuramente ma credo anche negli anni 70.

Vi sentite un po’ Angela Davis?

  • Mariapaola P. No, non ne ho nessun diritto. Ma da qualche parte nella mia testa mi capita sempre più spesso di sentire la sua voce, che mi fa domande scomode quando vedo qualcosa che non mi piace. E ne sono contenta, perché so che il suo lavoro continua, e può produrre idee nuove e nuovi apprendimenti…che poi è il senso della politica, no?
  • Mel Z. No, non penso potrò mai sapere come ci si sente a essere Angela Davis. Sono nata Bianca con tutti i privilegi che questo comporta e non ho mai sperimentato le discriminazioni vissute da una donna nera né combattuto le sue battaglie.

 

Io vi ringrazio profondamente per il lavoro che avete svolto così egregiamente, da donna, da essere umano, da libraia.

Marina Checchi

Intervista condotta a maggio 2020.

 

Chi sono

Mariapaola Pesce e Mel Zohar?

 

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